NON È COME VOGLIONO FARCI CREDERE
Da anni l’Unione Europea e l’euro ci vengono raccontati come fatti irreversibili, i cui benefici sono nettamente superiori ai sacrifici imposti all’Italia. Ma è davvero così? Tutti gli indicatori economici (PIL, risparmio privato, disoccupazione, investimenti, povertà) evidenziano una realtà molto diversa. Per questo motivo sempre più persone sono favorevoli all’uscita dall'Europa e dall'Euro (“Italexit”, come la “Brexit” per l'Inghilterra), però ci sono varie preoccupazioni per chi viene bombardato, ogni giorno, di notizie sul possibile default di un’Italia fuori dall’Europa ma che non hanno alcun fondamento. Questo articolo si rivolge dunque a coloro che vogliono sviluppare una maggiore consapevolezza su queste tematiche, in modo da comprendere perché uscire dalla moneta unica non è solo possibile ma anche necessario.
1. Se usciamo dall’euro i nostri redditi e risparmi perderanno di valore: falso! Tutti i valori in euro verranno riconvertiti in nuove lire secondo un preciso tasso di cambio. Per quanto riguarda i beni prodotti in Italia, il nostro potere d’acquisto inizialmente rimarrà invariato ed in seguito aumenterà. Pensate a quante cose si potevano comprare con 100.000 lire e confrontatele con quante se ne possono comprare oggi con 50 euro. La verità è che quello che alcuni temono potrebbe succedere fuori dall’euro è già successo dentro l’euro: con l’euro i risparmi e gli stipendi degli italiani, e il loro potere d’acquisto, sono diminuiti.
2. Se usciamo dall’euro la nuova valuta (ad esempio la lira) subirà una pesante svalutazione e dunque sarà molto più costoso fare le vacanze all’estero e comprare beni d’importazione come iPhone, televisori e automobili: falso! Il valore di una valuta rispetto alle altre dipende da quanto quella valuta è richiesta. L’Italia è oggi uno dei maggiori esportatori al mondo e una delle prime potenze manifatturiere d’Europa, nonostante utilizzi una valuta sopravvalutata come l’euro. Questo vuol dire che tanti stranieri comprano beni da noi e continueranno a farlo anche dopo l’uscita dall’euro. Inoltre avremo tutti i vantaggi del cambio flessibile. Immaginate che cosa accadrebbe con una svalutazione, anche modesta, della nostra moneta: molti più stranieri vorranno comprare i nostri prodotti poiché risulteranno ancora più convenienti.
3. Se usciamo dall’euro saremo in balia dell’iperinflazione: falso! L’inflazione dipende da cause che nulla hanno a che fare con il nome – o la “credibilità”, qualunque cosa essa sia – della moneta in esame, ma con le politiche economiche del governo, con le condizioni dell’economia e con fattori esterni (come ad esempio il prezzo dei combustibili fossili). Fino ad ora siamo in un periodo di stagflazione, cioè i prezzi dopo una riduzione si sono fermati piuttosto che aumentare dato che l’economia è ancora in recessione. Tornare ad avere qualche punto di inflazione sarà proprio il sintomo di una ripresa dell’economia italiana e di un aumento quantitativo e qualitativo dell’occupazione. Qualsiasi aumento dei prezzi, insomma, sarà ben compensato dall’aumento dei redditi dovuto al miglioramento generale dell’economia.
4. Ma la benzina sarà di sicuro più cara: falso! Il costo del petrolio sul prezzo dei carburanti incide solo per il 25% nel caso della benzina e per il 31% per il gasolio. Il resto del prezzo è formato da imposte (accise, IVA) e altri oneri. Un aumento del prezzo del petrolio dovuto a una eventuale svalutazione della nuova lira modificherebbe di pochissimo il prezzo della benzina. Ad esempio una svalutazione della lira del 10% modificherebbe il prezzo della benzina del 2,8% (cioè il 10% del 28%). Aumento ben compensato dall’aumento dei redditi dovuto al miglioramento generale dell’economia.
5. Se usciamo dall’euro il mio mutuo costerà di più: falso! Come quando siamo entrati nell’euro, i mutui verranno rinominati nella nuova valuta e nessuno potrà pretenderne il pagamento in euro (in quanto vietato dall’art. 1278 del c.c.). Non ci sarà pertanto nessun rincaro sui mutui in essere a causa del passaggio. Anzi, in caso di fenomeni moderatamente inflattivi (che sarebbero benvenuti) i mutui contratti a tasso fisso risulteranno più leggeri per i debitori mentre quelli a tasso variabile seguiranno semplicemente l’andamento dell’indice dei prezzi italiadelno. Rimanendo nell’euro rischiamo che il problema del debito aumenti (anche per effetto dei cosiddetti “aiuti” europei). Uno dei principali vantaggi di un’uscita dall’euro, infatti, consisterebbe proprio nel fatto di riprendere il controllo del nostro debito pubblico, ridenominando il debito esistente nella nuova valuta nazionale. Questo ci metterebbe definitivamente al riparo da qualunque rischio di default, poiché uno Stato che emette debito nella propria valuta non può mai fallire.
6. Se usciamo dall’euro lo spread schizzerà alle stelle: falso! I tassi di interesse – soprattutto quelli sui titoli di Stato – sono sempre sotto il controllo delle banche centrali. E quindi, di fatto, dei governi. Fuori dall’euro, riprendendo il controllo del nostro debito pubblico, non avremmo nessun problema a portare i tassi di interesse a zero, indipendentemente dal nostro livello di deficit e/o debito pubblico. Se in questi anni siamo stati soggetti alla “dittatura dello spread”, dunque, è solo perché entrando nell’euro abbiamo perso il potere di determinare autonomamente i tassi di interesse, e perché la BCE non si è mai comportata come una “vera” banca centrale: invece di “imporre” ai
mercati un tasso di interesse favorevole ai governi, ha permesso che fossero i mercati a determinare i tassi di interesse, con l’obiettivo di costringere i governi a misure lacrime e sangue.
7. Se usciamo dall’euro ci sarà una enorme fuga di capitali e allora? Tanto per cominciare, sono anni che – dentro l’euro – i capitali italiani fluiscono verso l’estero e i privati non investono nell’economia. Dunque cambierebbe ben poco. Parliamo infatti di capitali poco o per nulla produttivi nel senso reale del termine. La vera differenza consisterebbe nel fatto che, fuori dall’euro, recuperando la sua sovranità monetaria, lo Stato italiano sarebbe in grado di compensare il deflusso di capitali con una massiccia immissione di denaro nell’economia reale, decidendo autonomamente.
8. Se torniamo alla “liretta” diventiamo come un Paese del terzo mondo: falso! L’Inghilterra, il Giappone, la Svezia, e potremmo continuare a lungo con la lista, sono Paesi che non hanno l’euro. Vi sembrano Paesi del terzo mondo? Ricordate che con la “liretta” l’Italia arrivò ad essere la quarta potenza economica mondiale: davvero in pochi riuscivano a reggere il passo con la nostra economia prima che entrasse nell’euro. Vent’anni di euro, invece, hanno decimato la nostra economia, facendoci retrocedere al rango di colonia. Questa è una diretta conseguenza delle politiche promosse dalla UE e dall’euro: internazionalizzazione e delocalizzazione delle grandi aziende; austerità e politiche di depressione
della domanda; taglio della spesa pubblica italiana (sanità, scuola ecc.), con effetti negativi sul settore privato; trattamenti di favore per la Germania (mancato sanzionamento
del suo surplus della bilancia commerciale, possibilità non sanzionata di sforare i parametri, salvataggio delle banche del nord Europa vs bail-in per quelle del sud ecc.). È proprio restando nell’euro, insomma, che rischiamo di diventare un paese del terzo mondo.
9. Non ha senso uscire proprio adesso che l’Europa si sta f inalmente dimostrando solidale, regalandoci una montagna di soldi con il Recovery Fund: falso! I soldi del Recovery Fund non sono né una montagna né regalati. Il grosso dei fondi sono prestiti che andranno, ovviamente, restituiti; ma anche i cosiddetti “trasferimenti a fondo perduto” in realtà non sono tali: alla fine li dovremo rimborsare quasi tutti. Insomma, la UE si limiterà a ridarci indietro i nostri stessi soldi, come già avviene per i “normali” fondi europei. I fondi del Recovery Fund prevedono inoltre condizionalità molto stringenti: non solo è la Commissione a decidere sostanzialmente come devono essere spesi i soldi, ma la loro ricezione è subordinata al rispetto delle raccomandazioni specifiche per paese della Commissione: tagli della spesa pubblica, compressione del salari, deregolamentazione dei mercati del lavoro ecc. Sarà l’usurpazione definitiva di quel minimo di autonomia di bilancio – e dunque di democrazia – che ci era rimasta.
10. Va bene, ma non sarebbe comunque meglio cercare di riformare l’Europa?: no! Il cambiamento di governance europea che molti auspicano non è oggettivamente percorribile, per diverse ragioni. «Nessuna realistica modifica dell’euro sarà possibile», in quanto esso è stato progettato quale camicia di forza volta a impedire ogni politica sociale progressista. Basti pensare che per “riformare i trattati” è necessaria l’unanimità di tutti e 27 gli Stati membri dell’UE. Questo non accadrà mai perché le condizioni economiche, politiche, sociali, ecc. che si registrano nei diversi Stati sono estremamente eterogenee. Gli interessi di noi italiani e gli interessi dei tedeschi non sono uguali: i tedeschi hanno tutto l’interesse a tenersi l’euro, noi abbiamo tutto l’interesse a uscirne. E prima lo facciamo, meglio è.
ADESSO COSA SI FA?
Non sarà semplice: da 20 anni continuano a ripeterci ossessivamente che la povera Italia sarebbe spacciata senza l’euro e molti – non avendo le competenze o gli strumenti adatti per sviluppare un proprio pensiero critico – hanno finito per crederci. Vi ricordate la frase di Prodi «con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più»? Sta succedendo l’esatto contrario: lavoriamo molto di più rispetto al passato ma con un tenore di vita più basso. Lo scenario catastrofico che secondo loro colpirebbe l’Italia in caso di ritorno ad una nostra moneta nazionale (disoccupazione, aziende che chiudono, crollo del potere d’acquisto, nuove tasse, fuga dei capitali, tagli ai servizi) è esattamente ciò che sta già accadendo da quando siamo entrati nell’euro.