Attività / Salute e benessere

UNA GAMBA DI SCORTA

Viaggiare, rinascere e assecondare il fuoco che ci anima

Aurora Faletti

L.O.A. ORTOPEDIA

Dottor Diego Benotto e dottor Camillo Cascino Il passato non poteva essere nient’altro, altrimenti sarebbe stato Roberto Bruzzone ha 37 anni e di professione attraversa paesi scalando montagne con una gamba sola. L’altra gamba l’ha persa sei anni fa in un incidente in moto.
"SE NON FOSSE PER QUELLE PASSIONI AVREI UNA GAMBA. MA NON SAREBBE LA MIA VITA"
Roberto lo dice spavaldamente ma nei suoi occhi si percepisce la disperazione che ha attraversato, consapevole di essere stato davanti a un bivio: chiudersi in casa piangendosi addosso o assecondare il fuoco che lo animava. Dopo un anno arriva in cima al Gran Paradiso. Volontà, sostegno, lacrime, sudore e piaghe sul moncone: da qui ha ricominciato la sua vita. In tempi relativamente brevi e aiutato da una protesi che migliora con lui – e che a volte si dimentica di avere, ammette – continua a scalare quelle linee maestose.
Racconta la sua esperienza da viaggiatore con una gamba di riserva nello zaino nel suo blog “ROBYDAMATTI”, potentissimo stimolo.
"IL PRIMO PASSO È METTERSI LA PROTESI E VIVERE IL QUOTIDIANO: ANDARE A LAVORARE, USCIRE CON GLI AMICI, ANDARE A BALLARE"
I tecnici di L.O.A, laboratorio ortopedico astigiano, ci confidano quanto sia fondamentale la relazione che si instaura con i pazienti, tanto da vedere e sentire per telefono più loro che le rispettive famiglie. Dedicandosi al settore delle protesi concretizzano la possibilità di risorgere come fenici.
QUANTO CONTA L’ASPETTO EMOTIVO TRA VOI E I PAZIENTI?
Molti hanno patito un incidente o una grave patologia e il trauma psicologico che ne deriva, si sentono soli e amareggiati, cercano disperatamente in noi risposta a quest’unica domanda: «Tornerò di nuovo a camminare?». Durante il primo incontro conoscitivo dobbiamo sinceramente far comprendere che non è la protesi a far muovere, è la voglia di ricominciare a vivere in modo totalmente diverso. Il rapporto tra noi e il paziente deve essere da subito autentico e spontaneo. Solo a questo punto possiamo iniziare il viaggio insieme: fidandoci e ponendo obiettivi comuni. Da qui, noi siamo il suo presente e saremo il suo futuro.
COME CONTINUA QUESTO VIAGGIO? QUAL È LA STRADA DA PERCORRERE?
La tipologia di strada, così come le tempistiche, sono estremamente relative e difficili da prevedere. Dopo aver chiarito gli obiettivi a breve e lungo termine (si vuole camminare? Nuotare? Correre? Sollevare carichi?) si può partire con la creazione di un invaso, cioè il contatto tra l’arto amputato e la protesi, procedendo con la realizzazione su misura di quest’ultima. Le strutture da allineare sono realizzabili soltanto se eseguite con capacità e competenze, e migliorabili solo ascoltando e concretizzando i continui feedback dei pazienti che le provano. «A volte mi accorgo di avere la protesi» questo commento è indice di un lavoro ben fatto, è il motivo per cui ci alziamo e veniamo in laboratorio.
LE PROTESI POSSONO AVERE UN’EVOLUZIONE? COME SI EVOLVE AL CONTEMPO IL RAPPORTO CON I PAZIENTI?
La scelta delle componenti dipende dalle esigenze della persona. Se da un lato è vero che il livello di sensibilità, precisione ed evoluzione delle componenti meccatroniche e robotiche è direttamente proporzionale alla possibilità di dispendio economico, dall’altra è bene essere chiari e sinceri ancora una volta: la protesi non ti trasforma in un maratoneta se già non lo eri prima. Tuttavia, saremmo entusiasti di essere contraddetti e rendere possibile il contrario! Quello con il paziente è davvero un viaggio che prosegue tutta la vita: lo ascoltiamo, lo comprendiamo, lo incoraggiamo (anche se il più delle volte sono loro a dare forza noi!), creiamo arti nuovi e con immensa emozione lo seguiamo nei suoi progressi.

L.O.A. ORTOPEDIA
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