Attività / Costume

È partij a colùmba

«Nonostante il galletto sia il simbolo per eccellenza di Asti (e anche ornamento terminale della cupola della chiesa di San Secondo) quest’oggi parleremo, invece, di colombe.»

Valentina Ferrero

I dialetti italiani sono una preziosa eredità, un patrimonio linguistico che riflette la diversità culturale e storica delle regioni italiane. Benché l’italiano sia la lingua ufficiale del nostro bel paese, i differenti dialetti regionali conservano, ancora oggi, una forte presenza nelle conversazioni quotidiane. Non sono semplici varianti dell’italiano, bensì hanno una storia e una struttura propria, con influenze e connessioni che si estendono ad altre lingue (ad es. il latino). La nostra rubrica non pretende di insegnare un dialetto piemontese, quello prettamente astigiano, alle nuove generazioni, ma di usarlo come punto di partenza per raccontare il passato, il lavoro e l’arguzia popolare del nostro territorio e dei suoi abitanti. Gli innumerevoli dialetti hanno saputo catturare nel corso dei secoli, con una tempestività e un’immediatezza espressiva che le lingue nazionali non possiedono, gli attimi, le sensazioni, i dolori e le gioie di ogni comunità con un’efficacia descrittiva unica e meravigliosa. Nonostante il galletto sia il simbolo per eccellenza di Asti (e anche ornamento terminale della cupola della chiesa di San Secondo) quest’oggi parleremo, invece, di colombe. È partij a colùmba! La traduzione letterale è facile: è partita la colomba. Per comprendere questo detto tipicamente astigiano è necessario fare quattro passi a ritroso nella storia della nostra città. L’espressione risale a secoli fa, al tempo in cui i festeggiamenti patronali di San Secondo prevedevano due momenti di grande importanza: la corsa del Palio, che adesso si tiene a settembre, e il lündes dij feu, il lunedì dei fuochi artificiali. Lo spettacolo veniva allestito in piazza San Secondo, non c’era quindi molto spazio per il pubblico né per garantire la sicurezza degli edifici tutt’intorno. La festa iniziava con l’accensione della “colomba”, un petardo (frisètta o füsetta) che brillava di una luce bianca e correva lungo un filo invisibile, tanto che sembrava una colomba in volo, fino a raggiungere il “castello”, ossia l’impalcatura su cui erano piazzate le cariche colorate dei fuochi d’artificio. Era la “colomba" a dare il via allo spettacolo: era l’elemento scatenante di tutte quelle esplosioni. L’espressione, infatttti, si usa per spiegare che si è verifificato un fatttto che ha dato origine a qualcosa di importante, clamoroso, dirompente. Ma l’immagine della “colomba” è anche molto radicata nella tradizione locale perché, secondo la credenza popolare, dal suo “volo” e dalla rapidità con cui incendiava le cariche dipendeva l’andamento dell’annata agricola.